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giovedì 15 marzo 2018

LE STELLE PERDUTE DEL "CHARLESTON" DI PALERMO

L'interno del ristorante "Charleston" a Palermo,
per molti anni celebrato tempio della cucina siciliana.
La fotografia è tratta da una locandina pubblicitaria del tempo
Negli anni Settanta, ha rappresentato la ristorazione siciliana nella sua declinazione più esclusiva e blasonata, pubblicizzata dall'altezzoso slogan "un ristorante di classe per una clientela raffinata".
Il "Charleston" di piazzale Ungheria - inaugurato nell'ottobre del 1967  e in attività sino al 1999 - per un lungo periodo di tempo a Palermo ha monopolizzato le attenzioni dei critici gastronomici e della clientela di vip: dai capi di Stato ( da Saragat a Leone, da Cossiga Scalfaro ) ai ministri, da Giovanni Paolo II agli attori ed agli artisti italiani e stranieri.


Ai larghi tavoli del "Charleston" - nella cuore della città delle banche e dei negozi di lusso - si sono pure seduti ed hanno incrociato gli sguardi politici e burocrati locali, noti professionisti ( alcuni di loro definiti in seguito "colletti bianchi" ) e personaggi legati a Cosa Nostra.
Per questo motivo, la storia del locale che all'epoca fu il salotto buono della cucina siciliana, racconta oggi un tipico ed ancora attuale spaccato della contraddittoria società palermitana; e così, i fasti - rappresentati dalle due stelle Michelin ottenute nel 1974, diventate una nel 1980 sino al 1994 - e gli scadimenti, legati pure a tristi vicende giudiziarie.
Il "Charleston" prese nome dalle vetrate in stile "Liberty" che facevano da esclusivo ingresso all'interno del ristorante. 
Divenne famoso nei primi anni di attività per quello che sarebbe diventato il "Piatto del Buon Ricordo": gli involtini di pesce spada, la cui ricetta - secondo una "vulgata" mai smentita - sarebbe stata ideata proprio all'interno delle sue cucine.


Nell'anno in cui il locale ottenne le ambitissime due stelle, il menù comprendeva pure i "cannolicchi Favorita", la "frittella siciliana", le "pappardelle alla monrealese" ed il "parfait di mandorla", oltre a piatti non autoctoni come il "filetto al whisky" o gli "hamburger alla tirolese".
Nel pieno rispetto della tradizione siciliana, insieme a pregiate etichette francesi la cantina offriva invece una collezione di bottiglie di "Marsala" e di bianchi e rossi isolani.
La storia del "Charleston" di piazzale Ungheria - che nel periodo estivo apparecchiava i suoi tavoli sulla terrazza dell'Antico Stabilimento a Mondello ( le luci serali sull'acqua mostravano allora il passaggio di branchi di pesci ) - è stata anche quella dei suoi abili chef, maitre e sommelier: da Antonio Guddo a Francesco Sammarco, da Nino Ferro a Carlo Hassan e Giorgio Dragotta.
La chiusura del "Charleston" di piazza Ungheria rappresenta oggi solo uno dei tasselli nella storia della ristorazione scomparsa a Palermo.
Basti ricordare gli esempi del "Gourmand's" o del "Rooney", in viale della Libertà, o dei tanti locali che hanno proposto le specialità di mare in via Messina Marine e Romagnolo: i famosi "Spanò"  e "Renato" e i meno blasonati "Di Filippo" e "Santo Palato".



   

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