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sabato 6 febbraio 2016

FORME E SIMBOLI DEGLI STAMPINI PER LA COTOGNATA

Una pagina dell'etnografo Antonino Uccello sulle origini e sui motivi decorativi delle antiche  formelle di terracotta
Antiche formelle in terracotta per la cotognata.
Le fotografie del post sono tratte dall'opera
"Antonino Uccello, Casa Museo di Palazzolo Acreide",
edita nel 2001 dall'Assessorato Regionale Beni Culturali
della Regione Siciliana


Gli ultimi più vecchi esemplari si trovano a caro prezzo sulle bancarelle dei mercatini antiquari; quelli di produzione più recente, invece, si possono comprare a pochi euro in molte botteghe dei moderni ceramisti dell'isola.
Le formelle di terracotta per la cotognata evocano in ogni caso il ricordo degli usi e dei costumi della società agricola siciliana, capace un tempo di sostentarsi - spesso per necessità - grazie al consumo dei prodotti della propria terra. 
La raccolta delle melecotogne, ad esempio, si ripeteva ogni anno dopo le prime piogge agostane.
Quelle piccole, ancora acerbe e maculate di giallastro, venivano scelte per produrre un dolce da portare a tavola nei giorni di festa: la cotognata.
La preparazione era semplice e poco dispendiosa.
I frutti si mettevano a bollire in una pentola di acqua, quindi si sbucciavano e si liberavano dei torsoli.
Passata al setaccio, la polpa veniva mescolata a una dose di zucchero pari al suo stesso peso; il tutto,veniva impastato sino a formare un composto denso e dorato.
Dopo una bollitura di un paio di minuti, la cotognata veniva versata nelle formelle di terracotta sino a raffreddarsi.  
Oggi gli stampini di questa specialità dolciaria non si conservano più nei cassetti delle cucine ed il loro utilizzo è perlopiù di tipo decorativo.


A ricordare le origini di questi oggetti fu un testo dell'etnografo siracusano Antonino Uccello ( 1922-1979 ) intitolato "La cotognata dolce d'autunno" pubblicato sulla rivista mensile "Sicilia" edita sino agli Ottanta da Flaccovio a Palermo:

"Il primo documento su queste forme di terracotta risale al 1779, e fu portato alla luce dall'infaticabile Antonino Ragona.
Si tratta di un singolare ricorso fatto dal maestro maiolicaro di Caltagirone, Vito Blandini, al Vescovo di Siracusa, tendente a ottenere giustizia contro le prepotenze che il sacerdote Salvatore Panacia, della città di Vittoria, aveva perpetrato contro il vecchio padre del Blandini per una fornitura di mattonelle per la pavimentazione di un salone.
Il muratore chiamato dal Panacia per la messa in opera delle mattonelle, per imperizia ne ruppe 150, sicchè il maiolicaro caltagironese fu costretto a fornirgli le mattonelle ch'erano andate rotte, e altre ancora ne dovette rifare senza alcun compenso.
Il Blandini, nel recarsi a Vittoria per la consegna del materiale, 'sulla certa speranza di ottenere il prezzo dei mattoni rotti', portò in regalo al Panacia 'trenta forme di bianco, cioè trenta formelle per mostarda e cotognata smaltate in bianco.
Ma a nulla valse, chè il povero Blandini, giunto a Vittoria, ebbe fermati da parte del prete i muli e venne privato di alcuni indumenti personali per 'prestar mallevaria'.
Non sappiamo come andò a finire la controversia, ma certo il documento ci fornisce tra l'altro una data precisa, l'anno 1799, epoca in cui queste formelle dovevano avere larga diffusione.
D'altronde ogni famiglia in Sicilia ha avuto sempre il suo corredo di formelle di terracotta che venivano utilizzate puntualmente a ogni autunno: erano i venditori di stoviglie che venivano a venderle nelle fiere in occasione di sagre paesane.


La varietà dei motivi rilevati nella terracotta è sorprendente.
A parte le grandi forme con l'agnello pasquale o coi santi patroni e protettori - ad esempio, Sant'Agata - di solito esse sono piuttosto piccole, fino a raggiungere l'ovale di un guscio d'uovo con dei rilievi sottili che acquistano nella cotognata la preziosità dei vecchi spilloni d'oro.
A volte vi sono incise immagini di santi: San Paolo, San Francesco di Paola, la Madonna, la Sacra Famiglia, la natività: vi si trovano immagini di vita vissuta: la donna che fila, il cacciatore, il contadino al lavoro; oppure fiori, rosoni, cuori, pesci, frutta di vario genere, strumenti musicali, stemmi gentilizi, o di città, o di ordini religiosi, o di confraternite; oppure scritte augurali o rivolte alla persona amata: 'Amore', 'Ti amo', 'Salute', 'Sincerità', 'Maria', 'Giuseppe', etc."
  

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