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mercoledì 6 maggio 2015

IL DUOMO DI CEFALU' DI GEORGE MOORE

Allegate al volume "The Normans in Sicily" di Henry Gally Knight, le riproduzioni realizzate nel 1836 dal disegnatore inglese nel giudizio di Steno Vazzana ricordano il volto arcadico e preromantico del paesaggio cefaludese 



Il 15 settembre del 1836 il mare grosso e il vento forte rendevano poco agevole la navigazione del piroscafo a vapore "Nettuno".
L'imbarcazione era salpata col bel tempo da Napoli il 23 agosto del 1836; dopo avere costeggiato le coste calabresi e lo Stromboli in eruzione, il comandante aveva fatto rotta verso il porto di Messina.
Qui il "Nettuno" era arrivato quando grosse nuvole nere oscuravano il cielo; ripresa la rotta verso Cefalù, il piroscafo e i suoi passeggeri affrontavano adesso la burrasca.
Nel tardo pomeriggio, il capitano del piroscafo trovò riparo dinanzi la rada di Marina di Tusa. Dai ponti di passeggiata, i passeggeri riuscivano ancora a scorgere le poche case della borgata e le barche dei pescatori tirate in secco su una spiaggia di ciottoli.
Tra gli ospiti del "Nettuno", vi erano due viaggiatori inglesi impazienti di potere sbarcare a Cefalù: lo studioso d'arte Henry Gally Knight - già autore di saggi sull'architettura normanna in Inghilterra e Francia - ed il disegnatore e suo compagno di viaggi George Moore.
Gally Knight ( 1786-1846 ) era nativo dello Yorkshire e dopo gli studi a Eton e Cambridge si era dedicato ad una serie di viaggi fra la Spagna, l'Italia, la Grecia, l'Egitto e la Palestina.
Moore ( 1810?- ) era stato un allievo dell'architetto Edward Blore ( 1787-1879 ) - famoso in Inghilterra per avere completato nel 1850 a Londra la residenza reale di Buckingham Palace - ed era all'epoca un apprezzato disegnatore di antichità.



I due inglesi stavano compiendo un viaggio di studio in Sicilia che due anni dopo - nel 1838 - avrebbe portato alla stampa a Londra presso John Murray del libro "The Normans in Sicily", accompagnato da un pregevole volume in folio di stampe disegnate da Moore.
L'arrivo di Henry Gally Knight e George Moore a Cefalù avvenne la mattina del 16 settembre, non senza qualche notazione ironica e sull'ambiente locale: 

"Sbarcammo nello stesso luogo dove re Ruggero aveva messo il suo piede sulla spiaggia, in mezzo ad una moltitudine di velieri, feluche e speronare. Cefalù conta 20.000 abitanti e non ha l'aspetto di un luogo fiorente o beneficiato da un risanamento edilizio" 

L'attenzione fu subito attratta dal duomo-fortezza fondato da Ruggero, la cui architettura colpì i due studiosi per l'integrità dell'edificio, vecchio allora di 700 anni:

"E' una costruzione in un eccezionale contesto ambientale, a forma di croce latina, perfetta e intatta in ogni sua parte..., con elementi architettonici normanni, romanici, greci e bizantini"

La visita di Cefalù durò poche ore, giusto il tempo per un attento esame dell'aspetto architettonico interno ed esterno dell'edificio; già nel pomeriggio, Gally Knight e Moore risalirono a bordo del "Nettuno" per fare rotta su Palermo.
In quelle poche ore trascorse al cospetto del duomo, Moore eseguì i due disegni allegati a "The Normans in Sicily" e ora riproposti da ReportageSicilia.
Quelle litografie - opera di William Walton - furono così descritte da Steno Vazzana nell'opera "Cefalù fuori le mura", edita a Roma nel 1981 da Edizioni dell'Arnia
    
"Entrambe presentano una visione serena, del tutto idilliaca, dell'ambiente, vuoi nel naturalismo campestre che fa da corona all'abside, vuoi in quella veduta interna del paese, dove si colloca la facciata con una tonalità quasi più narrativa che descrittiva, un poco alla Longhi.



Il sagrato, animato da figure umane maschili e femminili, scure su fondo chiaro con marcato rilievo della foggia degli abiti ( interessanti come documento dei costumi popolani e borghesi del Settecento a Cefalù ) quali in piedi, quali sdraiate sui gradini della fontana zampillante, quali del tutto sedute a terra sul pavimento in mattoni a spina di pesce, che ancora oggi sussiste, tutte parimente ferme in conversazione, appare un luogo di assoluta tranquillità, anzi di brio, in una luce senza tempo, che sembra prolungare all'infinito il rilassamento di quell'ora che le ombre dicono pomeridiana.
Il contrasto tra la rigidezza plastica dei torrioni geometrici e la montagna incredibilmente ammorbidita sullo sfondo e le macchie umane dei primi piani, che giocano un sapiente gioco di prospettiva, acquista al duomo un senso di solennità serena e quasi di astrazione, che solo la presenza dell'elemento umano sembra riportare dentro la concretezza della storia.
Un'impressione un po' meno vibrata offre la litografia dell'abside, in verità molto più mossa, sia per gli stessi elementi architettonici ( la robustezza delle masse delle tre absidi articolata dalla snella decorazione ) che per i piani prospettici dentro cui questi si inseriscono: un boschetto sul declivio della montagna in primo piano, più in là i tetti delle case del paese in fitta corona, sullo sfondo le colline e il mare solcato di vele.



Due figure umane sono ferme anche qui in conversazione su un sentiero, anche qui la presenza umana sembra intervenire a rimarcare un ritmo lentissimo del tempo.
Benché questa litografia richiami certe vedute fotografiche dei nostri giorni, una prospettiva da cartolina, la natura aperta, il cui il monumento respira, lo arricchisce di un'impressione di pace e di grandezza, che proprio la presenza umana accentua e quasi misura.
Interpretazione arcadica anche questa, ma già un po' preromantica in quel germogliare della snellezza gotica delle colonnine e archetti delle absidi tra il cupo degli alberi, massa abbastanza scura, ma certamente non ancora fosca e misteriosa..."  

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