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domenica 10 agosto 2014

"TRAPANESE, UNO IN OGNI PAESE"

Viaggiatori ed imprenditori lontano dall'isola: è stata la vocazione di molti trapanesi descritta nel 1963 da una pagina di Simone Gatto
 
Il porto di Trapani in una fotografia di Pedone.
L'immagine venne pubblicata nel 1965 nell'opera "Sicilia"
della collana "Italgeo", edita da Bonetti editore Milano


I trapanesi sono forse gli unici siciliani con una vocazione da marinai e da viaggiatori del mondo.
Chissà se ciò rimandi alle millenarie origini della città, quando i Fenici decisero di fondare dei porti commerciali anche in quest'angolo di Sicilia.
Ancora sino a qualche decennio fa, del resto, Trapani faceva del commercio del sale e dello sfruttamento del corallo una fonte non indifferente delle sue attività economiche: le vie del mare erano ben più lunghe e remunerative rispetto a quelle che conducono verso le zone interne dell'isola.


Un molo del porto trapanese.
La fotografia è attribuita a Publifoto, e, insieme alle rimanenti del post,
è tratta dal II volume dell'opera "Sicilia",
edita nel 1963 da Sansoni e dall'Istituto Geografico De Agostini

La capacità dei trapanesi di essere i più attivi rappresentanti dell'isola nel mondo venne ben descritta nel 1962 da Simone Gatto, all'epoca senatore del PSI e fra i promotori dell'istituzione della Commissione Parlamentare Antimafia.
"'Trapanese, uno ogni paese', si dice ancor oggi in Sicilia.
E anche se l'affermazione era più giustificata nel secolo scorso, quando la marina velica trapanese arrivava nei porti d'ogni continente - scrisse Gatto nel II volume dell'opera "Sicilia", edita da Sansoni e dall'Istituto Geografico De Agostinituttora la tendenza a trasferire altrove le attività tradizionali, la facilità di adattarsi ad altri climi e ad altre abitudini rimane caratteristica trapanese più di ogni altro siciliano.


Una veduta di Trapani firmata da Ezio Quiresi

Non a caso, colonie permanenti di trapanesi sono, da più generazioni, nei luoghi più caldi e più freddi del nostro pianeta, nell'Aden come in Alaska e, naturalmente nel nord e nell'estremo sud del continente più vicino a Trapani: l'Africa.
Tuttavia sbaglierebbe di grosso chi, da ciò, pensasse al trapanese che lavora altrove come a un emigrante, alla stregua di ogni altro siciliano o meridionale.
I trapanesi che troviamo ancor oggi in Africa, in Asia ed in America non sono partiti 'in cerca di lavoro', dell'altrui lavoro.
Hanno portato altrove attività loro proprie da secoli: nell'Aden le saline, nell'Alaska e in Tunisia la pesca e la conservazione del pescato, in Giappone la lavorazione del corallo...
Trapani è poi ricordata con maggiore frequenza nelle guerre dei barbareschi che in quelle a cui partecipa l'isola nel contesto europeo.


Scorcio del centro storico della città
con la cupola della chiesa di San Francesco.
Anche questa immagine venne realizzata da Ezio Quiresi

Non di rado, trapanesi catturati dai 'turchi', divennero capi dell'armata barbaresca di Tunisi e viceversa capitani tunisini o algerini, prigionieri convertiti o no, si assimilarono alla marineria trapanese.
Del resto risulta dagli atti notarili che sino ai primi dell'Ottocento in ogni casa agiata di Trapani v'erano schiavi africani, che non di rado acquistavano, in qualità di liberti, piena cittadinanza.


Mattonelle maiolicate con la raffigurazione del porto di Trapani.
L'opera risale al secolo XVIII  ed è esposta al Museo Pepoli.
L'immagine venne pubblicata in "L'arte del corallo in Sicilia"
edita da Novecento nel 1986

L'altro legame, quello con il continente europeo, è assicurato dalla comunanza di scambi e interessi con Genova.
La strada di rappresentanza insigne di monumenti barocchi, è la 'loggia dei genovesi', ancor oggi denominata nell'uso corrente 'la Loggia' e quasi mai con il nome, imposto dopo il '60, di corso Vittorio Emanuele.
E la cattedrale porta, come a Genova, il nome di San Lorenzo.
Ancor oggi il trapanese ha fama di avere negli affari le stesse qualità del genovese: scrupolosa correttezza e, diremo con riguardoso eufemismo, il senso spiccato del risparmio e del guadagno...". 


  


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