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sabato 20 ottobre 2012

CONTESSA ENTELLINA, LE IMMAGINI DI BLOK

Le campagne di Contessa Entellina, il centro agricolo del corleonese che negli anni Sessanta fu al centro
di una ricerca dell'antropologo olandese Anton Blok dal titolo "La mafia in un villaggio siciliano 1860-1960".
Lo studio - pubblicato nel 1974 negli Stati Uniti e successivamente in Italia da Einaudi - indicò nei mafiosi gli individui delegati a mantenere con la violenza l'ordine ed il controllo nelle campagne
in una situazione di debolezza del governo dello Stato.
ReportageSicilia ripropone in questo post alcune immagini tratte
dal saggio di Blok: la prima porta la firma di Bianca Dony 
Le fotografie di Contessa Entellina riproposte in questo post da ReportageSicilia sono tratte da un’opera che si pose a metà strada fra lo studio antropologico e un saggio sulle dinamiche dello sviluppo della società mafiosa in Sicilia.
“La mafia in un villaggio siciliano 1860-1960, imprenditori, contadini, violenti” venne pubblicato nel 1974 a New York dall’antropologo olandese Anton Blok ( in Italia fu edito da Einaudi, 12 anni dopo ) , ed è ancora oggi un testo quasi unico nella vastissima produzione di saggi sulla mafia; il suo autore infatti lo completò analizzando il fenomeno mafioso “dall’interno”, non a partire dalla documentazione giornalistica o dagli atti giudiziari, ma dall’osservazione quotidiana dei comportamenti e della vita di relazione di una piccola comunità della Sicilia occidentale.

La didascalia che accompagna questa fotografia di Blok indica nei due personaggi ritratti "ex gabelloti durante l'intermezzo della trebbiatura".
Secondo l'antropologo, nel corso del secolo XIX "... i mafiosi venivano reclutati dalle fila dei contadini allo scopo di fornire ai grandi latifondisti il personale armato con cui far fronte sia alla pressione dello Stato, sia agli stessi contadini riottosi, specialmente nell'area interna dell'isola dove lo stato borbonico non riuscì a monopolizzare
l'uso della violenza..."
L’autore è uno studioso con esperienze didattiche presso le università americane del Michigan e della California ed è attualmente professore emerito presso l’Università di Amsterdam.
Come raccontato nel blog contessioto.blogspot.it – il cui autore ha riproposto in rete una “lettura collettiva” del libro – Blok, già autore di numerosi saggi sul banditismo nell’Olanda del secolo XVIII, dedicò la sua attenzione alla Sicilia trascorrendovi trenta mesi fra il 1961 ed il periodo compreso fra il 1965 ed il 1967.
Era quello un periodo in cui le cronache italiane offrivano spesso notizie riguardanti la faida mafiosa di Corleone, negli anni della definitiva affermazione della cosca di Luciano Liggio su quella di Michele Navarra, ucciso nel 1958.

Contadino e campiere, in una fotografia attribuita dall'autore
a Rolf Monheim e "Geographische Rundschau".
Anton Blok osservò la realtà sociale ed economica di Contessa Entellina fra il 1961 ed il 1967, indicando poi il paese
con il falso toponimo di "Genuardo"
L’antropologo olandese decise di raccontare le dinamiche di affermazione del banditismo e della mafia non nel paese di Liggio né in quello vicino di Bisacquino, noto per avere dato i natali al vecchio capomafia Vito Cascio Ferro.
La sua scelta - maturata, sembra, durante una chiacchierata in auto con un sacerdote locale, Papas Janni Di Maggio - cadde su un altro più piccolo centro del corleonese: Contessa Entellina.
Il contesto sociale ed economico del centro agricolo – dove agli inizi del XX secolo 24.000 dei 25.000 ettari di territorio erano in mano a grandi latifondisti - sembrò a Blok ideale per analizzare le dinamiche di controllo svoltovi dai mafiosi.

L'immagine di Blok fissa una mandria al pascolo nei pressi di alcuni edifici di una masseria del feudo che l'autore indica
con il nome di "Moli".
Agli inizi del secolo XX, il territorio di Contessa Entellina era esteso 25.000 ettari, 24.000 dei quali di proprietà
di grandi latifondisti:
un dato determinante per contestualizzare
l'analisi sociale svolta dell'antropologo olandese
L’antropologo decise anche di non citare i reali nomi del paese e dei feudi, sostituendoli con toponimi non corretti o fittizi. Così, nel libro di Blok lo stesso nome di Contessa Entellina diventa “Genuardo”, termine che in realtà denomina una vicina montagna: una finzione – secondo quanto suggerito da contessioto.blogspot.it – dettata dalla volontà di “non creare malumori e difficoltà alle persone coinvolte nello studio”.
I giudizi sul lavoro svolto da Anton Blok in una zona della provincia di Palermo allora semisconosciuta alla comunità scientifica internazionale rimangono oggi sostanzialmente positivi.
Nel libro “Dalla mafia alle mafie”, Umberto Santino ha riassunto la ratio del saggio scrivendo che “Blok ha ricostruito la presenza mafiosa dagli inizi del XIX secolo agli anni Sessanta del XX, liquidando l’ipotesi dell’esistenza di un’organizzazione centralizzata ed analizzando i mafiosi come delegati al mantenimento dell’ordine con metodi violenti, in un contesto caratterizzato dalla debolezza dell’autorità centrale”.

Ancora una masseria del latifondo nella campagna
del comprensorio corleonese.
Blok - autore dello scatto - indica l'ubicazione di questo casolare
nel feudo "Cascina".
Nella quarta di copertina dell'edizione italiana de "La mafia di un villaggio siciliano 1860-1960", si legge che "fra antropologia e storia, la cronaca dei fatti quotidiani di una comunità si intreccia con il quadro storico più vasto, e l'analisi di una situazione circoscritta
consente di reinterpretare fenomeni generali" 
Nella prefazione al saggio di Blok – che nel 1998 sarebbe tornato a Contessa Entellina per diventarne cittadino onorario – il sociologo americano Charles Tilly scrisse che l’antropologo aveva operato “una fusione tra la vita reale, osservata con partecipazione, e i grandi processi, investigati in modo penetrante”.
“La caratteristica centrale della mafia, secondo Blok – si legge ancora nella prefazione di Tilly – risiede nell’uso privato della violenza illegale come strumento di controllo degli ambiti pubblici… L’importanza strategica dei legami verticali patrono-cliente, che caratterizzava i rapporti dei contadini con i diversi imprenditori e proprietari terrieri, impediva la formazione di estese solidarietà orizzontali tra i lavoratori. Il sistema nel suo complesso rendeva costoso e persino pericoloso instaurare contatti con altri villaggi e altre strutture di potere. Fino a quando l’emigrazione fu poco diffusa e la protezione dello Stato incerta, la popolazione rurale rimase esposta allo sfruttamento più intenso…”.
Una lettura del saggio offre ancor oggi un’analisi preziosa delle condizioni economiche e sociale in cui la così detta “mafia rurale” ha imposto le sue regole all’interno delle comunità siciliane: una base di potere su cui cosche e boss avrebbero poi esteso la loro influenza anche ai palazzi della politica regionale e nazionale.

Una strada di Contessa Entellina negli anni della ricerca svolta da Blok, anche in questo caso autore della fotografia.
Nel 1998 lo studioso olandese sarebbe tornato nel paese
per riceverne la cittadinanza onoraria





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