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giovedì 22 maggio 2008

1964, LE 'STRADE BLU' DI SICILIA

La SS 118, fra Marineo e Corleone

Un incontro con il passato fra Montelepre e Partinico

La strada d'accesso verso Palma di Montechiaro

La SS 118 con vista su Marineo, e, sotto, la 'panoramica' palermitana di monte Pellegrino

"Chi vuole visitare, per conoscerla, questa terra piena di fascino, ne percorra pazientemente le magnifiche strade, soprattutto le meno importanti e le più nascoste: riuscirà probabilmente a capirla, quest'isola, e certamente ad amarla".
Con questo incipit, Fabrizio Lusardi illustrava sulle pagine de 'Le vie d'Italia' del TCI il piacere di un tour siciliano attraverso le strade statali e provinciali, retaggio dell'antica viabilità locale, dall'epoca romana agli anni borbonici.
Era l'ottobre del 1964; e quel reportage, corredato dalle fotografie di un giovanissimo Oliviero Toscani, rimanda alle suggestioni che in anni successivi sarebbero state al centro del 'racconto-on the road' 'Strade Blu', di William Least Heat-Moon.
La Sicilia di Lusardi non conosceva ancora le autostrade, che da lì a breve avrebbero stravolto il paesaggio delle colline e delle coste, da Mazara del Vallo a Taormina.
Eppure, già allora il reporter invitava a viaggiare lungo le strade più nascoste e deserte; la 121, la 113 e la 114, numeri per indicare chilometri di paesaggi e volti, percorsi necessari per trovare la misura per inserirsi in una diversa dimensione del traffico.
"E' questo - avvertiva Lusardi - il primo godimento supplementare del turista: la conquista di un nuovo ritmo di viaggio e quindi di vita, specificatamente siciliano, che agevolerà la scoperta e la comprensione di tanti aspetti della realtà della grande isola".
E continuava, ancora: "I nomi stessi di tanti luoghi bastano ad evocare fantasmi; tutto un filone prezioso di tradizioni neoclassiche e romantiche ci guida a ricercare ruderi e monumenti, ci aiuta a intenderne le molteplici suggestioni. Ma sotto la facciata archeologica, l'isola vive anche un'altra vita, una vita in cui le memorie, le speranze e le molte contraddizioni della sua lunga storia vengono a confluire con l'evidenza e l'urgenza di problemi ancora aperti, sempre attuali, spesso drammatici. Il fascino e lo scomodo di un viaggio in Sicilia derivano da questo. Ed è per questo che chi ha orecchio ed occhio a quel fascino arriva a non accorgersi dello scomodo, a farne addirittura un godimento supplementare".
Le strade della Sicilia, allora, diventano lo strumento per conoscere le ricchezze e le vecchie povertà della sua gente; e di queste condizioni, la prima traccia è proprio in quelle che nel 1964 erano - e sono in gran parte ancor oggi - "vene minute, vasi capillari che alimentano la vita di quei paesi, collegandoli fra loro e le campagne".
Infine, Lusardi avverte i rischi della corsa verso l' ammodernamento delle strutture: i rischi di quella politica del 'fare' che spesso - in Sicilia, nel nome del malaffare - ha avuto effetti più devastanti della stessa arretratezza.
"Ci vuole qualcosa di nuovo, di diverso, di moderno. Bisogna far tesoro dell'esperienza disastrosa della Riviera ligure e del litorale romagnolo - conclude Lusardi - guardare alle soluzioni francesi della Costa Azzurra e della Corsica, aprire la Sicilia al turismo di massa senza offenderla, senza perderla, senza toglierla ai siciliani, senza rinnegarla, senza dimenticare le tante altre facce del suo problema"; parole che oggi - a pensare al fuoco riacceso sotto il progetto del ponte sullo Stretto - rendono vive e dolorose le suggestioni di quel tour.
( foto di Oliviero Toscani )











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